quinta-feira, 19 de março de 2009


Ci siamo quasi. Che dire...il sogno di una vita!

Johann Sebastian Bach é o começo e fim de toda a música. Como fenômeno criador, ele representa o fim de uma época da história da música, o barroco, mas também mais do que isso: Bach é a síntese de toda a música que o precedeu e é, sem dúvida alguma, a chave para toda a música que veio depois.

La musica ha il potere di scuotere le persone e di penetrare profondamente in loro, obbligandole a riflettere. Ciò non potrebbe però essere definito né confortevole, né scontato, tantomeno rasserenante».


Siamo pronti per la grande Passione?

3 comentários:

  1. Prontissimo! Sto anche confezionandomi una bacchetta a doppia punta per dirigere meglio i due cori...

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  2. Versione originale italiana delle note scritte per il programma di sala della Passione.

    Alcune considerazioni personali sulla Matthäus Passion di J.S.Bach – Enrico Onofri

    Accettare di dirigere la Passio D.N.J.C secundum Matthaeum di J.S.Bach ed affrontarne lo studio è stato per me motivo di profondo imbarazzo. Prima di approfondire le ragioni di questa affermazione occorre fare una premessa: appartengo a quella razza di “artigiani” della musica che ha necessità di assimilare e vivere intensamente i brani che interpreta, nel tentativo di trasmetterne la forza all’ascoltatore. Dovendo affrontare l’esecuzione di un’opera vasta e complessa come la Matthäus Passion ciò può sembrare un ovvio presupposto; non lo è invece, in un difficile momento storico in cui la musica è spesso subordinata alla routine, alla casualità o alle esigenze del mercato.
    Detto ciò, l’imbarazzo nasce dunque dal conflitto tra un’opera il cui argomento centrale è il fondamento stesso della fede cristiana (la Passione di Cristo) e la mia posizione d’interprete non credente. Taluni potranno pensare che tale conflitto oggigiorno non abbia senso, così come probabilmente non avrebbe senso domandarsi se ammirare o no gli affreschi della Cappella Sistina perché non credenti. La musica si esprime però attraverso modalità differenti rispetto alle arti figurative, richiedendomi una forte immedesimazione nel momento stesso dell’esecuzione: come trasmettere dunque all’ascoltatore – e con sincerità – il significato del coro "Warlich, dieser ist Gottes Sohn gewesen" (In verità, costui era il Figlio di Dio), qualora non si creda in tale assunto? O peggio ancora, come evitare la propria contrarietà dirigendo il coro "Sein Blut komme über uns und unsre Kinder!" (Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli!), dato che tale argomento fu alla base dell’odio antisemita e delle sue odiose conseguenze?
    Inoltre, come conciliare dal punto di vista musicale il peso nordico di una Matthäus Passion con una visione mediterranea e sensuale dell’arte?
    Mi ha soccorso l’idea che in fondo la Matthäus Passion è la semplice rappresentazione in musica di una storia bella e toccante, e che l’immedesimarvisi non implica accettarne gli argomenti di fede. Alla luce di questa visione teatrale – quasi fosse una finzione operistica – la Matthäus si è alleggerita ai miei occhi dalle suddette implicazioni morali, senza però che il peso musicale venisse meno, spingendomi addirittura ad un parallelo (molto azzardato) che mi ha influenzato assai nello studio di quest’opera meravigliosa. La presenza di un narratore (Evangelista) richiama infatti alla mente la tradizione italiana dei “cantastorie”, artisti di strada che andavano a giro per i paesi narrando col loro canto storie tragiche, aiutati nell’evocazione di azioni e personaggi da vignette dipinte su un cartellone. Alla narrazione il cantastorie alternava commenti personali, che per lo più compiangevano la sorte dei protagonisti o fornivano considerazioni di ordine morale (non diversamente da quanto accade in una versione colta e raffinatissima di questo genere, il Combattimento di Tancredi e Clorinda di Monteverdi, salvo che in essa sono presenti – su una vera scena – i personaggi di cui si narra, interpretati da mimi/cantori. Il “cantastorie” della tradizione italiana interpreta dunque se stesso ed i personaggi, ed evoca la storia tramite il canto e le illustrazioni).
    Nella Matthäus Passion il nostro cantastorie/Evangelista non ha ovviamente a disposizione un cartellone dipinto per illustrare il racconto. Ma ha qualcosa di molto simile: un gigantesco cartellone sonoro composto di cori, voci soliste e strumenti. Da qui dunque l’idea di leggere la Matthäus Passion non attraverso l’alternarsi dei personaggi, bensì attraverso l’alternanza di tre differenti tempi narrativi:
    - il tempo presente della narrazione;
    - il tempo passato dei personaggi evangelici;
    - il non tempo delle arie e dei corali, in cui la narrazione è sospesa per meditare o commentare le vicende.
    In questo modo le figure di Cristo, di Pilato, di Giuda, e degli altri personaggi diventano incorporee e lontane (simulacri evocati dalla narrazione dell’Evangelista, non più soggetti in carne ed ossa) mettendo in primo piano la narrazione vera e propria e le meditazioni che ne derivano (arie e corali).
    Un'ultima considerazione, anch’essa fonte d’imbarazzo (seppur molto lieve…) riguarda il dover eseguire un lavoro composto per uno spazio ed un momento sacri nel contesto profano di una moderna sala da concerto. Secondo alcuni antropologi, l’atto dell’applaudire avrebbe origine in Mesopotamia in età remote, allo scopo di coprire le urla dei sacrificati durante le cerimonie religiose. Quale miglior appiglio dunque, per fingere che – come per incanto – il tradizionale applauso di benvenuto all’orchestra trasformi la sala ed il palcoscenico in una sorta di recinto sacro; recinto in cui Cristiani, non credenti o diversamente credenti, musicisti ed ascoltatori, sacrifichino insieme tre ore del loro tempo, e grazie ad un’opera d’arte tra le più significative mai concepite da mente umana consumino un rito: la celebrazione della Bellezza.
    Buon ascolto.

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  3. Quase, quase... dá-nos mais 5 dias de estudo individual! Apareceu-me o meu primeiro duplo-bemol em 16 anos de Música Antiga; quanto aos duplos sustenidos no contínuo, vou-me habituando...

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